L’anno si apre con il destino assurdo di due bambini, vittime microscopiche eppure gigantesche di una guerra che non vogliamo vedere. Il bimbo della foto di sinistra compare in coda al primo video stagionale di macelleria Isis. Indossa la mimetica degli adulti e una fascia nera tra i capelli imbizzarriti. A occhio non sembra ancora avere nemmeno l’età per andare a scuola, ma gli sgozzatori sono docenti precoci e gli hanno già insegnato la lezioncina del bravo minacciatore. Nelle immagini lo si vede allungare un braccio non più lungo di quello di un bambolotto e indicare un punto all’orizzonte per promettere morte certa a tutti gli infedeli che vi abitano. Vorrebbe fare paura e invece incute pietà, ma mai quanta il bimbo della foto di destra, che riposa dentro una bara. Di lui sappiamo il nome, Khalid, l’età - due anni - e il motivo per cui si trovava in pieno inverno a solcare le acque gelide dell’Egeo su un gommone destinato a infrangersi contro gli scogli: la giovane mamma siriana voleva sottrarlo a un’infanzia di guerra. Il sudario di legno lo nasconde alla nostra emotività, che dopo la foto del piccolo Aylan riverso su una spiaggia turca ha bisogno di choc sempre più forti per accendersi.
L’anno comincia così, con un bambino in guerra che promette la morte e un altro in fuga dalla guerra che muore. E non ci sono parole né morali possibili. Solo il dovere di non chiudere gli occhi. (Massimo Gramellini, fonte La Stampa)
Nessun commento:
Posta un commento