Sono usciti dalla matita morbida di Paride e subito hanno guadagnato una vita propria.Un proprio spazio. Staccato, lontano da quello del loro creatore. Moderni Pinocchio che prendono a calci anche il loro Geppetto pur di affermare la loro esistenza. Una vita all'interno di una realtà parallela nella quale sarebbe bello tuffarsi. Per scoprire quanto si intreccia e quanti legami abbia con quella che con una forte dose di presunzione chiamiamo 'verità'. Oggi inaugura su Prima Pagina la striscia di fumetti dedicata ad Alfio e Vanda. Un appuntamento che accompagnerà i nostri lettori ogni sabato. Un modo per rileggere i fatti della settimana attraverso gli occhi solo apparentemente bidimensionali di due modenesi autentici. Cartoline sfumate, stereotipate e dissacranti al tempo stesso, che si muovono in un modo diverso ma altrettanto concreto rispetto all'ondeggiare degli uomini in carne ed ossa.Alfio e Vanda.Lui, metalmeccanico in pensione. Una passione per la pesca, l'incedere leggermente claudicante e il sorriso ironico nascosto da una barba grigia da sempre. Forse da quando era nato. Cappello blu e giubbotto senza maniche. Estate e inverno. Si dice ancora comunista Alfio. Con l'orgoglio infantile di chi ci ha creduto. Si commuove davanti alle canzoni partigiane, ma guarda con diffidenza malcelata ai propri vicini. Una coppia di immigrati marocchini con sei figli. O forse sette. Alfio non li ha mai contati. Cura l'orto e nel suo garage costruisce piccoli giocattoli in legno che non fa vedere a nessuno. Ma che a Natale regala ai nipoti con l'orgoglio del l''ho fatto per te'. L'ultima volta che ha messo piede in chiesa è stato il giorno del suo matrimonio. Ascolta il liscio, guarda il Tg1, la domenica i gol della serie A e il venerdì compra il branzino al mercato. Se è in vena di spese, 'che la pensione va messa da parte', anche il polipo. Già la pensione. Da quando ha smesso di lavorare in officina beve. Tanto. Al bar dall'altra parte della strada i bicchieri di prosecco li chiamano 'lampadine'. Eh, lui di lampadine ne spegne a decine durante il giorno. Ma si illude che nessuno se ne accorga. Nemmeno quando la sera con le gote rosse e con un fiore in mano entra in casa e chiama Vanda. Come fossero ancora fidanzati. Vanda. Orecchini di perla, capelli bianchi e ordinati. Le scarpe col tacco quadrato e la gonna sempre intonata col maglione. Faceva l'insegnante. Di matematica. E' andata in pensione prima dell'avvento del registro elettronico. Anzi pare andò in pensione un anno prima proprio per non doversi adattare ad usare quell'assurdo computer. Molti alunni la ricordano ancora con un misto di terrore e rispetto. Precisa, ordinata, i suoi maglioni di lana sanno di quel profumo che si sente solo di primavera. Nei prati. Vanda ha una risposta per tutto. Anche di fronte alle cose più assurde. Anche di fronte alla morte. Fuma due sigarette al giorno: una dopo pranzo e una prima di cena. Le Merit. Non le piacciono gli eccessi e non sopporta i 'comunisti'. Almeno così ha sempre detto ad Alfio. Non sopporta il suo giubbotto senza maniche e non sopporta la sua barba disordinata. Non sopporta quando beve e non sopporta il suo russare la notte. Che perchè lo abbia sposato, a sentire lei, nessuno lo sa. Ma che quando Alfio si ruppe il femore passò tre giorni in ospedale. Giorno e notte. Non volle muoversi. Mica perchè ci tenesse, ovvio. Ma solo perchè 'a casa cosa vado a fare?' Ha un gatto Vanda. O meglio. 'C'è un gatto che gira in giardino' come dice lei. Si fa preparare il macinato ogni mattina dal droghiere per quel gatto a cui non ha mai dato un nome. Perchè affezionarsi è pericoloso. Metti si rompa un femore anche lui...(Giuseppe Leonelli)
domenica 31 gennaio 2016
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