Un caso che sta sconvolgendo mezza Europa. Il caso di Savita Halappanavar, irlandese di origini indiane, è destinato a riaccendere l'annoso dibattito sulle leggi in materia di aborto nella cattolicissima IrlandaAnche se qui però non si tratta di anti-cattolicesimo, ma più semplicemente di constatare gli effetti dannosi della così detta "cultura della vita" per l'incolumità fisica e per la stessa vita della giovane donna. Anche se non sono noti tutti i fatti, è ovvio che l'asportazione tempestiva del feto, senza indugiare per attenderne la morte secondo natura, avrebbe ridotto le probabilità che si sviluppasse una setticemia e comunque avrebbe dato modo all'organismo della donna di reagire prima e con più efficacia. In nome dell'ideologia di difesa della vita prenatale, si è preferito, sia pure nell'incertezza, mettere a rischio la vita della donna, in questo caso al solo scopo di evitare la soppressione anticipata di un feto comunque destinato a morte. Alla povera Savita è stato incredibilmente imposto da altri che doveva porre a rischio la propria vita per un principio che neppure le apparteneva. Non è un comune caso di malasanità. Di certo non si tratta di negligenza o errore medico, perché la scelta è stata deliberata e consapevole
Fonte: Corsera
giovedì 15 novembre 2012
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abortiamo le mamme dei preti...dio boia!
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